Sab. Ago 2nd, 2025

Il batterio noto come Cupriavidus metallidurans si è adattato naturalmente a vivere in ambienti ricchi di metalli che sarebbero letali per la maggior parte delle forme di vita. Per far fronte a queste condizioni estreme, utilizza enzimi specializzati che regolano e disintossicano i metalli all’interno delle sue cellule. Secondo un rapporto di Live Science, uno di questi enzimi, chiamato CupA, aiuta il batterio a espellere il rame in eccesso dall’interno della cellula verso un’area protetta tra due membrane chiamata periplasma. Questo meccanismo mantiene il rame a livelli sicuri, consentendo alla cellula di funzionare normalmente.

Neutralizzare gli ioni d’oro con precisione enzimatica

Gli ioni d’oro, tuttavia, rappresentano una sfida maggiore. Queste particelle cariche penetrano facilmente nelle membrane del batterio e ne alterano il delicato equilibrio inibendo l’enzima CupA. Questa interferenza rende difficile anche la gestione del sovraccarico di rame da parte del batterio. Secondo il rapporto, per contrastare questo fenomeno, il batterio utilizza un altro enzima, il CopA, che rimuove gli elettroni sia dagli ioni di rame che da quelli d’oro, convertendoli in forme metalliche stabili intrappolate nel periplasma. Queste particelle solide sono meno tossiche e non si muovono facilmente attraverso la membrana interna. Come menzionato nel rapporto di Live Science, Dietrich Nies, il microbiologo molecolare che guida questa ricerca presso l’Università Martin Lutero in Germania, spiega: “Una volta che le nanoparticelle metalliche d’oro si formano nel periplasma, vengono immobilizzate e diventano meno tossiche”.

Pepite d’oro rilasciate nell’ambiente

Man mano che l’oro metallico si accumula, la membrana esterna del batterio alla fine si rompe, rilasciando minuscole pepite d’oro. Sebbene queste pepite siano molto piccole, di dimensioni pari solo a micrometri, possono raggrupparsi in particelle simili a granelli di sabbia. Questo processo naturale di disintossicazione e recupero dell’oro fornisce un potenziale modello per l’estrazione mineraria rispettosa dell’ambiente. Attualmente, l’estrazione dell’oro dai minerali spesso comporta l’uso di mercurio o altre sostanze chimiche tossiche, che hanno gravi conseguenze per la salute e l’ambiente.

Verso un recupero sostenibile dell’oro

Secondo il rapporto, lo studio è pubblicato su Metallomics. Esso evidenzia come la comprensione e l’imitazione di questo processo batterico potrebbero portare a metodi di estrazione dell’oro più sicuri e sostenibili. L’uso di microbi o dei loro enzimi per convertire l’oro da forma solubile a solida potrebbe ridurre la dipendenza da sostanze chimiche nocive e diminuire i rischi di inquinamento.

Il Cupriavidus metallidurans può essere microscopico, ma la sua capacità di trasformare gli ioni d’oro tossici in particelle stabili offre un potente esempio del potenziale della natura per risolvere le sfide dell’umanità. Mentre gli scienziati esplorano modi per sfruttare o replicare questo processo, si aprono le porte a metodi di recupero dei metalli più sostenibili e meno dannosi. In un mondo alla ricerca di soluzioni più ecologiche, questo batterio produttore d’oro potrebbe essere proprio parte della risposta.

Le sue dimensioni minuscole nascondono un impatto enorme, dimostrando come anche i microbi possano plasmare il futuro della tecnologia sostenibile. Mentre ripensiamo il modo in cui interagiamo con la Terra, le silenziose innovazioni della natura potrebbero essere la chiave per soluzioni più pulite e intelligenti.