Quando un dispositivo diventa obsoleto, si rompe o semplicemente ne vogliamo uno nuovo, di solito lo buttiamo via senza pensarci troppo, lo ricicliamo o addirittura gli diamo una seconda vita. Tuttavia, considerando la quantità di rifiuti elettronici che produciamo, sarebbe meglio dimenticare la prima opzione e optare per l’economia circolare. Il problema ambientale dell’enorme produzione di rifiuti, unito alla necessità di materie prime per fabbricarne di nuovi, rende il riciclaggio sempre più importante per questioni ambientali. Perché i rifiuti valgono oro, ma oltre a ciò dai rifiuti si può ottenere oro.
Dai rifiuti elettronici all’oro passando per il formaggio
A questa scoperta è giunto un gruppo di ricerca dell’Università Federale di Tecnologia di Zurigo in un articolo che presenta un metodo per estrarre l’oro dai rifiuti elettronici. Alcune curiosità sul sistema:
- Per il sistema utilizzano principalmente un sottoprodotto della produzione del formaggio, in particolare una spugna ricavata da una matrice proteica.
- Secondo il loro studio, da 20 vecchie schede madri sono stati in grado di estrarre una pepita d’oro di 22 carati e 450 milligrammi di peso. Per darci un’idea, è l’equivalente del peso di una formica o di pochi granelli di sabbia. Ma è meglio di niente.
Tuttavia, questo processo di estrazione presenta alcune difficoltà. Innanzitutto, il sistema è ancora troppo acerbo per pensare a un metodo commerciale standard. Si tratta infatti solo di prove preliminari.
In ogni caso, non smette di essere l’inizio di qualcosa di promettente: rifiuti, formaggio e oro. Questa è la descrizione del processo: l’intero processo funziona nel modo seguente: le proteine del siero vengono denaturate in condizioni acide e ad alte temperature per poi essere aggiunte alle fibre proteiche di un gel. Una volta asciutta, la spugna è pronta.
Le schede madri dei vecchi computer vengono dissolte in una soluzione acida per ionizzare i metalli e infine viene posizionata la spugna in fibra, in modo che gli ioni d’oro si attacchino alle fibre proteiche. Infine, la spugna viene riscaldata e le lamine d’oro risultanti si fondono formando una pepita.
Il risultato è quello che vedete sopra: una pepita d’oro composta per il 91% da oro e per il 9% da rame, ovvero i 22 carati citati in precedenza.
Oltre all’origine e al risultato, ciò che rende questo sistema così speciale è che, secondo il team di ricerca, presenta diversi vantaggi rispetto ad altri in termini di tossicità ed energia. Dal punto di vista energetico, infatti, consuma meno e utilizza un prodotto di scarto della produzione alimentare.
Secondo Raffaele Mezzenga, responsabile del progetto, è “più sostenibile, impossibile!”. Tuttavia, resta da vedere il più importante: il passaggio da un sistema sperimentale a uno commerciale.