Ven. Ago 15th, 2025

Quando pensiamo a Chernobyl, l’immagine che ci viene subito in mente è quella di una zona morta, segnata dalla tragedia nucleare del 1986 e diventata sinonimo di distruzione ambientale. Ma anche nei luoghi più ostili, la natura trova modi inaspettati per adattarsi. Tra le rovine di questa centrale ucraina, una recente scoperta ha sconvolto la comunità scientifica. Si tratta di un fungo in grado di prosperare in condizioni letali per quasi tutte le forme di vita conosciute.

Il fungo di Chernobyl che si nutre di radiazioni e potrebbe essere utilizzato nelle missioni spaziali

Questo particolare organismo, identificato come Cladosporium sphaerospermum, è stato trovato negli impianti abbandonati di Chernobyl, come riporta National Geographic.

A differenza della maggior parte degli esseri viventi che fuggono dalle radiazioni, questo fungo nero le utilizza come fonte di energia, crescendo con maggiore vigore nelle aree ad alta esposizione. Questa sorprendente capacità lo ha reso oggetto di studio da parte di scienziati interessati non solo alla sua biologia, ma anche alle sue possibili applicazioni tecnologiche.

Un team di ricercatori ha definito questo fenomeno come una possibile forma di “radiosintesi”. Il fungo, simile alla fotosintesi delle piante, sfrutta la melanina della sua struttura cellulare per assorbire le radiazioni gamma e trasformarle in energia chimica. Questo processo gli permette di sopravvivere e prosperare in uno degli ambienti più estremi del pianeta.

Inoltre, è stato osservato che il fungo cresce anche sulla superficie dei reattori danneggiati, il che suggerisce che tollera le radiazioni e che potrebbe avere meccanismi attivi per convertirle in energia utile.

Questa proprietà lo rende un modello biologico ideale per studiare la vita in ambienti estremi e poco esplorati, come le profondità oceaniche o persino i suoli di altri pianeti.

Come la melanina permette al fungo di Chernobyl di trasformare le radiazioni in energia

La chiave di questo sorprendente adattamento si trova in un composto noto: la melanina. Negli esseri umani, agisce come un filtro solare naturale. In questo fungo, svolge una funzione molto diversa: assorbe le radiazioni ionizzanti e partecipa alla loro conversione in energia utile.

Questo processo biochimico converte le radiazioni in una sorta di “alimento”, consentendogli di svilupparsi in luoghi che, in teoria, sarebbero totalmente sterili.

Applicazioni del fungo di Chernobyl nell’esplorazione spaziale e nei trattamenti contro le radiazioni

Al di là dello stupore scientifico, la vera rivoluzione di questa scoperta risiede nel suo potenziale pratico. Nel 2020, un test condotto sulla Stazione Spaziale Internazionale ha dimostrato che un sottile strato di questo fungo era in grado di ridurre significativamente le radiazioni nell’ambiente circostante.

Ciò suggerisce che, in futuro, si potrebbero costruire habitat spaziali protetti da uno strato di organismi viventi, in grado di rigenerarsi e nutrirsi di ciò che danneggia gli esseri umani.

Inoltre, come sottolinea National Geographic, sono allo studio applicazioni in medicina, soprattutto nei pazienti sottoposti a radioterapia, nonché nella creazione di materiali intelligenti che rispondono agli ambienti radioattivi.

Si sta anche valutando il suo utilizzo nella tecnologia spaziale autonoma, poiché essendo un organismo autoreplicante, potrebbe ridurre la necessità di trasportare grandi quantità di materiale protettivo dalla Terra.