Gio. Ago 14th, 2025

In un susseguirsi di annunci, Washington ha smentito le informazioni secondo cui l’oro sarebbe stato interessato dai dazi doganali del 39% imposti alla Svizzera. Dopo questo dietrofront, venerdì a New York il prezzo del metallo è nuovamente precipitato. Nuovo duro colpo per la Svizzera, si leggeva venerdì mattina: gli Stati Uniti impongono ora dazi doganali sui lingotti d’oro da un chilo, il formato più esportato dalla Svizzera, suscitando la sorpresa dei broker, riportava il Financial Times. Le raffinerie e l’industria svizzera avevano finora supposto che questi lingotti sarebbero stati esenti da dazi doganali. E potrebbero avere ragione. Il governo Trump ha infatti annunciato nuove direttive per chiarire che le importazioni di lingotti d’oro negli Stati Uniti non sono soggette a dazi doganali punitivi.

Una preoccupazione ormai superata?

All’inizio della giornata, tuttavia, si era appreso che le autorità doganali statunitensi avevano informato le raffinerie svizzere in una lettera datata 31 luglio che i lingotti d’oro da 1 kg e 100 once dovevano essere classificati e soggetti a un dazio doganale del 39%, scrive il quotidiano britannico. Secondo l’articolo, il lingotto da 1 kg è l’unità d’oro più negoziata alla New York Commodities Exchange (Comex), la più grande borsa dei metalli preziosi al mondo.

«Questa decisione tariffaria rappresenta un nuovo duro colpo per il commercio dell’oro tra la Svizzera e gli Stati Uniti», ha dichiarato al Financial Times Christoph Wild, presidente dell’Associazione svizzera dei produttori e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP). Quest’ultimo ha aggiunto che i dazi doganali sull’oro renderebbero difficile soddisfare la domanda del metallo giallo. Una preoccupazione che ora potrebbe quindi essere superata.

Conseguenza di questo cambiamento di rotta: il prezzo dell’oro ha fatto lo yo-yo. Dopo la diffusione della notizia, inizialmente riportata giovedì dal Financial Times, il prezzo dell’oro (con consegna a dicembre) sulla borsa delle materie prime di New York, il Comex, ha raggiunto un picco di 3534,10 dollari l’oncia (31,1 g). Poi, in seguito a una prima precisazione della Casa Bianca, che ha fatto sapere di voler «pubblicare un decreto nel prossimo futuro per chiarire le informazioni errate relative alla tassazione dei lingotti d’oro e di altri prodotti specializzati», il prezzo è nuovamente precipitato, attestandosi a 3461,40 dollari verso le 20:30 ora svizzera.

La domanda di oro – e con essa il suo prezzo – era già esplosa all’inizio dell’anno oltreoceano, con gli acquirenti americani che cercavano di accumulare scorte in previsione di eventuali sovrattasse sul metallo prezioso.

61,5 miliardi di dollari in oro

Per contestualizzare questi annunci, alcune cifre: tra giugno 2024 e giugno 2025 la Svizzera ha esportato 61,5 miliardi di dollari (47,9 miliardi di franchi) in oro verso gli Stati Uniti. Ipotizzando l’applicazione dei dazi doganali, lo stesso volume sarebbe soggetto a tariffe supplementari pari a 24 miliardi di dollari, in base all’aliquota del 39% applicata alla Svizzera ed entrata in vigore giovedì. È in Svizzera che si trovano le quattro più grandi raffinerie d’oro del mondo.

Diverse raffinerie svizzere hanno dichiarato di aver trascorso mesi con i legali per determinare quali tipi di prodotti auriferi potrebbero essere esenti o meno. Due raffinerie hanno dichiarato al Financial Times di aver temporaneamente ridotto o interrotto le spedizioni verso gli Stati Uniti a causa di questa incertezza.